Un Piano regolatore che nasce vecchio, impostato su criteri superati dal tempo e che necessiterà molto presto di sostanziali correzioni.
È un giudizio estremamente critico quello che una trentina di architetti triestini, in rappresentanza dell’Ordine professionale di categoria, esprimono sul Piano regolatore della città «che per giunta – sostiene il presidente, Andrea Dapretto – è stato definito senza una consultazione di tutti i soggetti interessati, fra i quali ci siamo anche noi».
Sintetizzando l’analisi fatta dalle cinque commissioni nelle quali si sono distribuiti i trenta architetti, ciascuna delle quali ha affrontato specifiche tematiche del Piano, Dapretto, eletto presidente pochi mesi fa, ha parlato ieri di «visione miope del futuro della città, che non immagina crescita e sviluppo, che chiude ogni prospettiva di osmosi con il territorio circostante, compresa la vicina Slovenia, dalla quale, oramai – ha precisato – non siamo più separati da confini e barriere».
Entrando nel dettaglio, il presidente dell’Ordine degli architetti ha spiegato che «non è possibile prevedere la presenza del Parco del mare - per il quale si prevedono di media tremila visitatori al giorno - senza un parcheggio di servizio che disponga della relativa capacità di ospitare vetture e corriere».
Dapretto ha poi puntato l’indice sull’assenza, nel Piano, di «un progetto unitario per le Rive, che vanno invece ricomprese in un unicum architettonico» e sulla decisione del Comune di «individuare nel 1918 la data spartiacque fra gli edifici che non si possono modificare e quelli sui quali si potrà invece intervenire. Dopo il 1918 – ha spiegato Dapretto – sono stati realizzati edifici e quartieri di notevole pregio, come per esempio l’intera area compresa fra il Giardino pubblico e il viale XX Settembre, che hanno un loro prestigio e una loro omogeneità».
Il presidente degli architetti triestini ha anche ricordato che «è comunque difficile datare molti edifici, in quanto esistono indicazioni diverse fra il momento della progettazione e quello della costruzione».
Di notevole rilievo, nella relazione di Dapretto, la «scarsa considerazione manifestata da parte dell’amministrazione comunale nei confronti del verde pubblico.
A Trieste – ha sottolineato – ogni cittadino dispone, virtualmente, di 16 metri quadrati di verde pubblico. La media nazionale – ha evidenziato – è di 94, quindi sei volte maggiore. Non si può giocare sul fatto che esiste il Carso in quanto si tratta di un’area ben definita e circoscritta, lontana dal centro cittadino, che può alzare la media solo a livello statistico, ma non sul piano della reale fruizione da parte della popolazione. Se guardiamo Trieste sotto questo aspetto – ha continuato Dapretto – la nostra è una città cementificata al massimo». Puntuale anche la critica sul versante della mobilità.
«I mezzi pubblici – ha affermato il presidente degli architetti – perdono ogni anno, da dieci anni, circa 10mila utilizzatori. Il che sta a significare che, in proporzione, aumentano le vetture private che circolano per le strade. Ebbene – ha sostenuto – davanti a questo problema, si è deciso di delineare il piano del traffico prima di por mano al Piano regolatore generale, mentre i due documenti dovrebbero necessariamente camminare paralleli».
Infine Dapretto ha parlato di «necessità di aprire i confini progettuali della Trieste del futuro, tenendo presente che, a pochi chilometri da noi, crescono a grande velocità aggregati urbani come Capodistria, per fare l’esempio più clamoroso, o come Sesana o altri. I piani vanno integrati e discussi in maniera unitaria – ha proseguito – perché è questa la direzione da seguire. Trieste, come immagina il Piano, non supererà i 240mila abitanti, ma coloro che la attraverseranno saranno molti di più nei prossimi anni».
Dapretto ha concluso annunciando la convocazione di un pubblico dibattito «al quale inviteremo i rappresentanti del Comune per discutere di tutte queste tematiche».
(da Il PiCColo del 26 novembre 2009 articolo di Ugo Salvini )
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